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Scompenso Cardiaco? no grazie

Giovanni Pulignano del San Camillo di Roma intervista
Luigi Tarantini dell’Ospedale San Martino, Belluno

Prevenzione e sensibilizzazione rappresentano i due capisaldi della gestione sanitaria del problema dello scompenso cardiaco che costituisce ormai la prima causa medica di ricovero nei paesi occidentali. Lo ha sottolineato il cardiologo Luigi Tarantini, dell’Ospedale San Martino di Belluno, intervistato dal collega Giovanni Pulignano, del San Camillo di Roma, al Congresso nazionale di Cardiologia ANMCO 2006.

La prevenzione
Lo scompenso cardiaco costituisce la fase terminale di quasi tutte le cardiopatie alla quale arrivano quei pazienti non curati in maniera adeguata ed efficace. Se i pazienti particolarmente a rischio vengono appropriatamente trattati, è possibile rallentare il decorso della malattia e ridurre il carico oneroso per il sistema socio sanitario che è rappresentato dai ricoveri ospedalieri. “Lo scompenso cardiaco è una malattia prevenibile come viene sottolineato dalle nuove linee-guide sia europee che internazionali”, spiega Luigi Tarantini. “È meno costoso e più efficace prevenire piuttosto che curare”.

Quali i pazienti sui quali indirizzare le misure preventive? “Innanzitutto i pazienti anziani perché lo scompenso cardiaco è una malattia che cresce esponenzialmente al crescere dall’età”, risponde Tarantini precisando che poi ci sono delle categorie a rischio da tenere particolarmente sotto controllo. Si tratta dei pazienti con problemi alle coronarie, diabete o ipertensione arteriosa e, quindi, con patologie croniche che se non efficacemente curate e monitorate nel tempo, possono sfociare in questa malattia ad alta mortalità che è lo scompenso cardiaco.

Per identificare dei pazienti particolarmente a rischio di sviluppare lo scompenso cardiaco sono utili esami che rientrano nella pratica clinica quotidiana: l’ECG per identificare delle aritmie, la creatinina per il monitoraggio della funzione renale, oppure la proteina C reattiva, ecc.

Lo screening
In che modo fare uno screening a livello di popolazione? Quali consigli dare ai cittadini e i loro medici per poter identificare i segni iniziali dello scompenso e quindi poter intervenire in modo efficace?

Secondo Tarantini il miglior screening è sensibilizzare la popolazione generale. “Lo scompenso cardiaco è infatti una patologia di difficile gestione perché rimane asintomatica nei primi stadi, quando si può fare molto ed i farmaci a disposizione sono più efficaci. Le manifestazioni cliniche spesso si estrinsecano quando si arriva agli stadi avanzati, più letali e più difficili da gestire oltre che onerosi per il sistema sanitario. È importante che le persone più a rischio perché ipertese o diabetiche, o perché hanno avuto un infarto, siano sensibilizzate a intervenire su quei fattori modificabili che hanno già portato allo sviluppo di queste patologie predisponenti.

Ma non basta sensibilizzare la popolazione generale. “È fondamentale sensibilizzare e responsabilizzare sempre più le figure professionali coinvolte nella cura dei pazienti scompensati o a rischio per lo sviluppo della malattia che devono essere seguiti nel tempo”, conclude Tarantini. Indispensabile è la collaborazione tra medici di medicina generale e specialisti”.

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